La sindrome rancorosa del beneficato
Quante volte i miei pazienti sono arrivati in terapia tristi e frustrati a causa di aspettative deluse in seguito all'aver aiutato qualcuno.
Persone generose e altruiste, fin "troppo buone" per loro stessa definizione, che si ritrovano ad essere svalutate o addirittura calunniate dopo aver investito tantissime energie per aiutare qualcuno.
Eppure accade che in seguito all’aiuto ricevuto alcune persone covino, invece che gratitudine e gioia, un rancore profondo e il più delle volte inconscio che riversano in maniera più o meno diretta sul loro benefattore.
Vi è mai capitata un'esperienza di questo tipo?
La persona che ha ricevuto qualche aiuto, conosce a livello razionale il valore positivo di tale comportamento. A livello più o meno conscio però, cova una rabbia e un’invidia collegate al peso del cosiddetto debito di riconoscenza.
Perchè questo accade?
La spiegazione più chiara e diretta risiede nel fatto che colui che riceve aiuto o favori avverte il suo benefattore come più potente di lui: questo crea un’asimmetria per la quale il beneficato è portato inconsapevolmente, ma a volte anche consapevolmente, a sminuire e denigrare colui che lo ha aiutato. E’ una questione collegata dunque ad un senso d’inferiorità percepito da chi riceve del bene.
Essere generosi e altruisti è una parte meravigliosa dell’esperienza umana:
è importante però capire bene COME aiutare davvero una persona così come è fondamentale che ci sia la sua reale e profonda volontà di essere aiutata.
Rispetto al “come”, voglio ricordare un proverbio cinese che dice molto a questo proposito:
"Dai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno. Insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita."