Perché lo fanno?
Gli uomini maltrattanti più che un problema classico di gestione della rabbia hanno un problema col fatto che la loro compagna si arrabbi. Il pensiero è: “Tu non devi alzare la voce. Tu non puoi sentire rabbia!”. Questo è assolutamente parte di un quadro di sottomissione che si somma al controllo sulla compagna e sulla relazione in sé.
Un quadro in cui lui è irreprensibile: non è possibile rimarcargli nulla. Tra l'altro, questi uomini non sembrano degli aggressori visti dall'esterno: di solito vengono percepiti come persone gentili e amorevoli.
È interessante riscontrare che molte persone considerano normali comportamenti che spesso sono preludio di una degenerazione in senso violento della relazione. Ad esempio la gelosia e il controllo.
In genere, nella violenza domestica, che è quella più diffusa, si parte dal classico “stai zitta”: ovvero? Si parte da mere parole. Da un tono “sbagliato”. Seguite in genere da scuse e giustificazioni.
Ma poi il circolo vizioso riparte sino ad arrivare anche, purtroppo, per le donne che non sanno dire basta prima, alla violenza fisica.
E allora, che fare?
Muovere i primi passi verso un aiuto professionale.
Perchè spesso anche la famiglia della vittima la spinge a restare col suo aggressore, e dunque non fa che consolidare una visione distorta della realtà, non favorendo il cambiamento necessario per la vittima.
Però non sempre la situazione arriva al limite, a volte, se preso in tempo, il problema può essere risolto anche con una terapia di coppia ad esempio, lavorando per ristabilire una comunicazione funzionale, un equilibrio e una reciprocità necessari per vivere bene insieme.
In quest’ottica dunque non c’è solo l’aiuto terapeutico per la vittima, ma anche per l’uomo maltrattante o per la coppia stessa.
E mi piace concludere così, con delle soluzioni, degli spiragli, delle prospettive costruttive che possano far riflettere su come e quando prendere in mano una situazione prima che degeneri, prima che si arrivi alla violenza.